Il progetto Open borders

14.2.2024

Basandosi sull’analisi dello sviluppo della cooperazione transfrontaliera dalla fine della Seconda guerra mondiale ai giorni nostri, il progetto scientifico Open Borders, guidato dal ricercatore Borut Klabjan, riesamina la storia europea durante il periodo della Guerra Fredda. È giunto il momento di superare le tradizionali teorie consolidate che parlano di una chiara separazione dell’Europa, delineata dal Muro di Berlino. Un’analisi decentralizzata della moderna storia d’Europa ci mostra che la questione di un continente diviso deve essere rivalutata. L’obiettivo finale è quindi sfidare la visione consolidata di due Europe separate che si declinano “nell’Est” e “l’Ovest” scrutando da una nuova prospettiva.

La nostra zona di confine non è stata l’unica in Europa a offrire una sorta di transnazionalità durante la Guerra Fredda. I Paesi del Benelux sono stati i primi ad eliminare le frontiere in Europa. Casi simili si possono trovare anche nel blocco Est, ad esempio tra Polonia e Germania dell’Est o tra Cecoslovacchia e Ungheria. La particolarità della nostra zona, che si snoda dalle Alpi e l'Adriatico, è che la permeabilità del confine è avvenuta tra Paesi con sistemi politici diversi e appartenenti ad alleanze militari diverse. La regione Alpe-Adria è un'area storica condivisa oggi dall’Austria, Italia, Slovenia e Croazia. Nel periodo della Guerra Fredda, tuttavia, era divisa tra la Jugoslavia socialista ma che faceva parte del Movimento dei non allineati, l’Austria capitalista ma che era neutrale e l’Italia, membro della NATO.

Il progetto Open Borders utilizza un approccio a più livelli per studiare le pratiche transfrontaliere europee, poiché va a riconoscere individui, enti regionali e Paesi come attori importanti che partecipano alla realizzazione di iniziative transfrontaliere di vari tipi. Siccome la ricerca si basa su fonti diverse, vengono applicate metodologie diverse per studiarle. Da un lato, i ricercatori si basano e studiano diversi dispacci diplomatici e comunicazioni ad alto livello, dall’altro canto, invece, conducono colloqui anche con persone comuni che hanno vissuto questo periodo e tengono conto della loro esperienza e percezione degli avvenimenti passati. Inoltre, è importante analizzare anche diverse altre fonti, come opere audiovisive e fotografie, comprese quelle scattate da persone comuni.

Lo studio internazionale delle iniziative transfrontaliere che costituisce il fulcro del progetto, si basa su tre categorie di ricerca interconnesse: persone, luoghi, pratiche.

LE PERSONE – attori delle pratiche transfrontaliere

La storia della cooperazione transnazionale è stata oggetto di costanti negoziazioni e coordinamenti tra Stati, regioni, comuni, associazioni locali e individui che hanno cercato di delineare e ridefinire cosa sia la cooperazione. È necessario indagare i modi in cui le richieste e le iniziative dei vari soggetti hanno modellato le azioni locali e le risposte degli Stati. Allo stesso tempo, è necessario raccogliere le storie di vita degli individui per riflettere più profondamente sul ruolo dei fattori che provengono da fonti orali e collezioni private con narrazioni personali scritte.

I LUOGHI DI INTERAZIONE TRANSFRONTALIERA

La cooperazione transfrontaliera non coinvolge solo le persone, ma si estende anche nello spazio fisico, poiché si svolge sempre in un luogo specifico. Gli elementi di questa cooperazione si svolgono negli spazi fisici che hanno le loro specificità. Nonostante lo sviluppo non lineare delle relazioni tra i vari Stati, questi luoghi incorporavano la dimensione transnazionale degli scambi locali e modellavano l’esperienza quotidiana durante la Guerra Fredda. Un approccio interdisciplinare che include storia, sociologia e antropologia consente di studiare il momento in cui questi luoghi diventano spazi di costante interazione senza qualificazione nazionale, trascendendo così la dimensione nazionale. Una combinazione di fonti orali e materiale d'archivio provenienti da archivi locali e nazionali verrà utilizzata per ricostruire la creazione e l'evoluzione degli spazi di interazione transfrontaliera.

LE PRATICHE DI COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA

Come si sono svolte queste forme di cooperazione? In che modo la quotidiana vita di confine era legata alla legislazione? Tutte queste domande riguardano soggetti specifici: chi ha partecipato e con quali aspettative? Quali sono i quadri sociali, i metodi e le strutture utilizzate per l’interazione nella cooperazione transnazionale? Qui è necessario rianalizzare la convinzione già ben radicata, secondo cui la cooperazione transnazionale implica solo la mobilità di persone, beni e capitali. L’esempio dell’area Alpe-Adria nel XX secolo mette in discussione in particolare questa visione e richiede un’ulteriore analisi della mobilità degli Stati e dei loro confini.

Sito web del progetto: https://erc-openborders.eu/

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Borut Klabjan è uno storico, collaboratore scientifico presso il Centro di ricerca scientifica di Capodistria e professore associato presso il Dipartimento di Storia della Facoltà di Lettere dell'Università di Ljubljana. Si è laureato all'Università di Trieste e ha conseguito il dottorato presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Lubiana. Inoltre, ha studiato anche a Bratislava, Venezia e Praga. Ha ricevuto la borsa di ricerca presso la cattedra di Storia dell'Europa Sud-orientale dell'Università von Humboldt di Berlino, e la borsa di studio post-dottorato Marie Skłodowska-Curie presso l'Istituto universitario europeo di Firenze, ed è stato ricercatore invitato presso l'Istituto Leibniz per gli studi sull'Europa Orientale e Sudorientale di Ratisbona. Si occupa principalmente di storia politica e culturale nonché di questioni di confine nell'Europa del XIX e XX secolo, con particolare attenzione all'area dell'Adriatico settentrionale e dell'Europa centrale.